Uomo politico italiano. Conseguita la laurea in Legge si dedicò alla
professione di avvocato e nel 1892, non ancora trentenne, fu eletto deputato al
Parlamento. Rimase tuttavia fondamentalmente un avvocato di provincia e non
brillò mai nel mondo politico, riuscendo a farsi strada unicamente per i
legami che lo univano a Giolitti. Fu sottosegretario al ministero di Grazia e
Giustizia (1903-1906) e agli Interni (1906-1909), prima di essere nominato
ministro delle Finanze (1911-14). Neutralista, non occupò incarichi di
governo durante la guerra e nel 1919 entrò nel gabinetto Orlando come
ministro della Giustizia. Ministro delle Finanze con Giolitti nel 1921, dopo la
caduta del Governo Bonomi, nel febbraio 1922, fu incaricato di dar vita a una
nuova compagine governativa, mentre la situazione del paese andava facendosi
sempre più critica per le violente imprese fasciste. Chiamò a
partecipare al suo ministero alcuni esponenti della Destra che ritornava al
potere per la prima volta dopo il 1916. La vita del suo governo fu condizionata
dalla incapacità di fronteggiare le imprese fasciste e di difendere la
legalità. Dimostrò gravi cedimenti di fronte alle violenze e alle
minacce squadriste e, dopo alcuni mesi di vita scialba e stentata, nel luglio
1922 il ministero cadde, essendogli venuta a mancare la fiducia della Camera
(208 voti contro 193 a favore). Per varie settimane il paese si trovò
abbandonato a se stesso e, dato il rifiuto di altri uomini politici più
prestigiosi di assumersi la responsabilità di costituire un nuovo
governo, l'incarico venne affidato nuovamente a lui. Ai primi di agosto
presentò al Parlamento il suo nuovo ministero, ottenendo una maggioranza
di 247 voti contro 122. Non era un ministero che ispirasse fiducia e diede prove
di incapacità tali da indurre alcuni tra i suoi esponenti più seri
a rimpiangere di aver accettato per la seconda volta la direzione politica di
F. I cedimenti e le collusioni nei confronti dello squadrismo fascista
aumentarono e ogni giorno andò allungandosi la lista delle
amministrazioni comunali socialiste costrette a dimettersi con la forza. Dopo
aver tentato di evitare la crisi di governo, fu
F. stesso, il 26 ottobre
1922 a proporre le dimissioni, favorendo in tal modo la "marcia su Roma" e
l'assunzione del potere da parte di Mussolini. Ritiratosi dalla vita politica
attiva, accettò nel 1924 la nomina a senatore (Pinerolo, Torino
1861-1930).